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Mastruzzo Calogero

Personaggi
I tramonti a Santa Maria erano dolcissimi: il cielo si tingeva di un rossore verginale che, a mano a mano, s’imporporava fino ad avvampare come un incendio. Gli sfilacci di nuvole pigliavano fuoco e guizzavano in fiamme luminose. Santa Maria diventava allora un paese favoloso. ( Calogero Mastruzzo - L'ombra del campanile)



CALOGERO MASTRUZZO




Nacque a Niscemi il 25 aprile 1916, morì a Palermo il 31 dicembre 1973.Scrittore, pubblicista.Compì gli studi secondari presso i padri salesiani con i quali si recò in
India, dove rimase, prima come insegnante di latino, greco, inglese, poi come prigioniero civile per quasi dieci anni. Tornato in patria si laureò in giurisprudenza all'università di Catania, quindi si occupò attivamente di politica, di studi classici e filosofici e partecipò alla stesura di testi dall'inglese insieme al prof. Vittorio Frosini dell’università di Catania. Funzionario della presidenza della Regione siciliana, per molti anni fece parte del comitato di redazione della collana, edita ad iniziativa dell’ARS, Un secolo di cultura siciliana. Il lavoro alla Regione siciliana, iniziato nel 1957, aggiunse nuovi interessi ai suoi già vasti interessi politici e culturali. Fu corrispondente di Sicilia del Popolo, di Realtà politica e di Voce Cattolica. Nel 1959 pubblicò il libro Sadhù e vacche sacre con il quale partecipò al premio Puccini Senigallia arrivando tra i finalisti. Sadhù e vacche sacre non è un libro di viaggio.
«Io non ho viaggiato in India, egli scrive, anche se in dieci anni io l’ho, si può dire, girata tutta. In India io andai per viverci, per starci e per restarci. Perciò, dopo un certo numero d’anni, ero diventato indiano, non mi meravigliavo più di tante cose che colpiscono invece la fantasia del viaggiatore che per la prima volta mette piede in India. Ricordo quel tempo quando mi sentivo schiodato, scardinato dal mio mondo, sperduto in un mondo diverso, scaraventato indietro nel tempo, duemila tremila anni di storia cancellati d’un tratto, con un colpo di spugna, e mi trovai a vivere nel passato, portato di peso in un tempo che non concepivo come presente e che credevo vivesse soltanto nelle pagine della storia. E invece no, ecco che la storia era diventata realtà viva e io mi ci trovavo dentro tuffato, lontano dal mio ambiente
e dalla mia cultura, dal mio modo di vivere e di pensare, un uomo fuori di sé stesso, fuori del tempo, vivente in un tempo che non ha tempo. Giorni e notti sfocati nella memoria, di cui non mi rimane che un’immagine vaga e una vaga sensazione di bacchettine di canfora bruciate nella mia stanza, l’odore dell’india, un odore che ho sentito nei templi che mi ritorna alle narici ovunque mi trovi, all'improvviso, languido e dolciastro; e allora mi estraneo da me stesso e ascolto l’india che mi scorre nel
sangue, mi circola nelle vene. Ora che sono tornato, mi è rimasto in bocca il dolceamaro dei ricordi. E i miei ricordi sono pieni di Sadhù e di vacche sacre, di corvi e
di contadini, perché l’india è piena di corvi e di contadini, di sadhù e di vacche sacre».
Anche se il libro non è stato scritto appositamente per raccogliere immagini, fatti e sentimenti, la sua parola tocca, descrive, dipinge, si snoda semplice e naturale, trovando la sua limpidità, il modo migliore per aprire il mistero dell’india, per farci comprendere il sottofondo su cui si muove e pullula la folla anonima e policroma che a tratti si sofferma, a tratti procede spedita. E in questo ritmo passa la visione di sadhù che hanno poco di santo e gli occhi audaci, l’ombra delle vacche che sembrano portare la stanchezza millenaria della grande campagna indiana, la poesia delle antiche leggende, le strane usanze della vita di tutti i giorni, la vita pietrificata dei villaggi.
un libro d’indubio interesse e d’una semplicità non appannata dal tempo. La sua novità sta nel tono sommesso delle osservazioni, nell'illuminazione equilibrata delle figure, evocate da uno stile garbato e familiare, nell'espressione sempre liricamente sostenuta ma mai tesa alla ricerca del vocabolo fantasioso o indorato. Ad accendere la sua fantasia bastano la realtà d’una battuta, lo scorcio d’una figura, la visione fugace d’un paesaggio. Nel 1961 conseguì l’abilitazione all'insegnamento della lingua inglese.
Curò la traduzione dell’inglese dell’introduzione di Denis Mack Smith all'opera Scritti politici di Giuseppe La Farina per la collana Un secolo di cultura siciliana. Uomo modesto e schivo, preferì la vita di famiglia e cercò lontano da qualsiasi pubblico, una tranquillità che gli permettesse di realizzare i molti lavori letterari e filosofici di cui aveva già pronte le bozze.
                                                                OPERE
1 - Sadhù e vacche sacre (taccuino d’india), S. Sciascia Editore, Caltanissetta, 1959.
2 - L'ombra del campanile, S. Sciascia Editore, Caltanissetta, 1999 ISBN 88-8241-046-3
3 - Ha curato la traduzione dell’introduzione di Denis Mack Smith “Scritti politici di G. La Farina’’.
4 - La giustificazione dello Stato in S. Tommaso D’Aquino.
                                                            Bibliografia
A. Marsiano,Geografia Antropica, pagg. 242,243
Scheda e approfondimenti: Fernando Preti per spazioniscemi
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