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Vacirca Antonio Francesco G.

Personaggi
ANTONINO FRANCESCO GIUSEPPE VACIRCA

Nacque a Niscemi il 21 novembre 1871, morì a Gela il 31 gennaio 1957. Agronomo, conferenziere, scrittore.
Si laureò il 27 luglio 1896 in scienze agrarie all'università di Pisa. Vinse nel 1901 il concorso al posto di direttore della cattedra ambulante di agricoltura per la provincia di Roma, quindi, nell'interesse del Consorzio agrario siciliano, tenne importanti conferenze in molti comuni dell’ìsola, riscuotendo ovunque il plauso degli uditori. Aderì all'ideologia socialista e fu amico di Napoleone Colajanni. Pubblicò pregevoli monografie riguardanti le nuove tecniche e i nuovi sistemi di coltivazione della terra, soffermandosi in modo particolare sulla diffusione e l’impiego dei concimi chimici e dei mezzi meccanici.
Nel 1903 pubblicò a Palermo dall'editore Reber la sua opera più importante che ha per titolo II problema agrario in Sicilia con una breve presentazione di Napoleone Colajanni. Il libro ci presenta una vasta, puntigliosa e completa rassegna di tutta la problematica agricola siciliana dalla formazione della proprietà terriera, alla tecnica delle coltivazioni e delle industrie agrarie fino alle più recenti e progredite forme di conduzioni e di lavorazioni. L’esposizione degli argomenti trattati in gran parte tuttora valida, la competenza tecnica con cui sono esaminati, il loro inserimento in un contesto più generale di carattere politico-sociale, mi hanno convinto a dare una brevissima sintesi del loro contenuto.
La proprietà territoriale dell’isola, feudale, ecclesiastica demaniale e reale, fino alla metà del secolo XVI, egli scrive, era tutta destinata nella massima parte a riscoli e a boscaglie. Durante il secolo XVII, un movimento di colonie e di enfiteusi si spinse nella parte orientale, meridionale e, in parte limitata, nella centrale dell’isola, e i terreni suburbani furono concessi dai baroni ad enfiteusi. Sino a tutto il secolo XVIII, la vigna, il giardino, l’oliveto, il gelseto rimasero limitati all'antico allodio e alle terre enfiteutiche suburbane. Dopo la riforma del XIX secolo, con lo scioglimento delle promiscuità, con la divisione dei demani comunali ai cittadini si modificarono le condizioni della proprietà terriera e si resero possibili lo sviluppo dell’agricoltura e l’applicazione all'industria agraria dei capitali. Quando si costituì l’Unità d’Italia anche
«noi, scrive, abbiamo posto la nostra pietà nel memorabile edificio, non siamo venuti né scarni, né affamati, né coperti di piaghe. Noi siamo venuti anzi col nostro pane e la nostra bisaccia e magari col nostro vino e con le nostre frutte, non per accattar soccorsi dai nostri fratelli, ma per mettere in comune le nostre ricchezze, per coronare l’edificio che, noi con gli altri, avevamo innalzato».
Rileva che le cause del regresso agrario della Sicilia sono dovute alla mancanza di istruzione agraria; di selezione delle piante capaci di resistere meglio alle avversità atmosferiche, alle malattie parassitarle e di dare prodotti più abbondanti, più pregiati e ricercati. Bisognerebbe dare una razionale disposizione alle colture e agli avvicendamenti agrari; operare un impiego adattato al terreno e alle colture dei concimi artificiali per colmare la deficienza dei concimi organici; coltivare opportune piante foraggere per farle utilizzare al bestiame; selezionare le razze animali per essere capaci di dare più resa in latte, carne e lavoro; effettuare una idonea specializzazione della colture per potere avere una migliore produzione in base al clima, alla natura del terreno, alla richiesta del commercio e allo sviluppo dei mezzi di trasporto.  continua
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