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Goti e Bizantini riorganizzano la vita legata alla attività agricola, ma le forti vessazioni cui sono sottoposti e le sempre più frequenti incursioni degli arabi iniziate già nel 652 d.C. spingono i coloni a spostare ancora il loro insediamento verso terre più interne come Racineci, Montagna S Michele, Monte S. Mauro. Quasi nulla si sa del lungo periodo di dominazione araba iniziato nell'853 ad eccezione della edificazione di un casale che verrà chiamato nasciam che in arabo significa "olmo". È certo però che la sistematica coltivazione delle essene tradizionali, incrementata dall'importazione di altre piante esotiche, la fertilità dei suoli e una fiorente pastorizia assicurano all'insediamento un periodo di floridezza economica che si protrae in età normanna, fino a quando, con la congiura contro Maione da Bari, accusato di collusione con la gente musulmana e ucciso nel 1160, inizia un periodo di instabilità politica e di conflitti etnico-religiosi che porterà all'abbandono delle terre.
La distruzione di Piazza Armerina e Butera, voluta da Guglielmo il Malo nel 1161 per punire i Lombardi delle violenze contro le genti arabe, precede di pochi anni la disgregazione della contea Aleramica (1166) e l'assimilazione del feudo di Niscemi all'area demaniale del Castello di Garsiliato.
Semplice borgo rurale, Niscemi, in età sveva-angioina fa parte della Contea di Garsiliato che includeva i territori di Terranova di Sicilia, l'odierna Gela; contea che, dopo complesse vicende, viene concessa nel 1393 dall'aragonese re Martino il Giovane a don Nicola Branciforte, signore di Mazzarino e a i suoi successori. Un lungo e intrecciato filo storico lega questo evento alla fondazione della moderna Niscemi avvenuta ufficialmente con la Licentia populandi del 30 Giugno 1626 concessa a donna Giovanna Branciforti in nome del figlio Giuseppe, dal viceré Cardinale Giovanni Doria dietro il pagamento di 400 onze. Un filo che innerva la storia di tutta la Sicilia, tessuto dalle più potenti famiglie dell'isola e che conduce, come è noto, alla ripopolazione della regione attraverso la politica del latifondo e delle nuove fondazioni urbane.
L'impianto della città moderna è quello tipico di tutti gli insediamenti sorti tra il XVII e la prima metà del XVIII per iniziativa della classe aristocratica siciliana intesa allo sfruttamento intensivo del territorio. Dall'analisi delle circa cento agro-città fondate in quel periodo si riscontra una forte analogia soprattutto nel principio insediativo, basato sul massimo sfruttamento del suolo con una maglia quadrata o rettangolare e con la presenza, quali elementi emergenti, di un palazzo baronale e di una unica piazza ricavata per sottrazione di uno o più isolati, e della chiesa parrocchiale. Le strade rettilinee si incrociano ad angolo retto secondo un modulo funzionale alla aggregazione multipla delle unità abitative. Queste definite dal muro di spina dell'isolato e da due muri trasversali ortogonali venivano a costituire, nella iterazione successiva, l'intero isolato.
Le più forti analogie di impianto con Niscemi si riscontrano nelle città di Altavilla Milicia (1621), Sant’Anna (1622). Ventimiglia (1625). Ribera (1625), Alia (1623), Campobello di Mazara (1623), Delia (1622), in quanto sono tutte formate da isolati rettangolari molto allungati con una tipologia edilizia piuttosto simile. Niscemi, sorta come un piccolo borgo rurale, comincia a svilupparsi dopo il 1650. Le case vengono edificate secondo un piano regolatore ben preciso rispettando gli allineamenti stradali, ma sorgono in tre nuclei distinti; un primo nucleo nel quartiere delle Sante Croci, un secondo nel quartiere delle Grazie ed un terzo lungo l'attuale via Scarfaiaccio. Nell'immagine suggestiva di Angelo Marsiano attorno alla nuova piazza sorgevano casupole e fabbricati più importanti, mentre qua e là vi era qualche gruppetto di tre o quattro case con ampi cortili ombreggiati da un grande fico o da viti; non mancavano diversi pagliai circondati da un recinto di pietre e ovunque vi erano cespugli e palme nane. Di fronte la chiesa Madre si allungava la via delle Sante Croci, larga polverosa in estate e piena di fango in inverno, scoscesa in pendio. In alto a destra aveva qualche casa e in fondo una cappelletta sulla quale si elevavano tre croci e un romitorio dove abitava un eremita che viveva di elemosine e teneva una lampada sempre accesa nella cappelletta”. (1)
La distruzione di Piazza Armerina e Butera, voluta da Guglielmo il Malo nel 1161 per punire i Lombardi delle violenze contro le genti arabe, precede di pochi anni la disgregazione della contea Aleramica (1166) e l'assimilazione del feudo di Niscemi all'area demaniale del Castello di Garsiliato.
Semplice borgo rurale, Niscemi, in età sveva-angioina fa parte della Contea di Garsiliato che includeva i territori di Terranova di Sicilia, l'odierna Gela; contea che, dopo complesse vicende, viene concessa nel 1393 dall'aragonese re Martino il Giovane a don Nicola Branciforte, signore di Mazzarino e a i suoi successori. Un lungo e intrecciato filo storico lega questo evento alla fondazione della moderna Niscemi avvenuta ufficialmente con la Licentia populandi del 30 Giugno 1626 concessa a donna Giovanna Branciforti in nome del figlio Giuseppe, dal viceré Cardinale Giovanni Doria dietro il pagamento di 400 onze. Un filo che innerva la storia di tutta la Sicilia, tessuto dalle più potenti famiglie dell'isola e che conduce, come è noto, alla ripopolazione della regione attraverso la politica del latifondo e delle nuove fondazioni urbane.
L'impianto della città moderna è quello tipico di tutti gli insediamenti sorti tra il XVII e la prima metà del XVIII per iniziativa della classe aristocratica siciliana intesa allo sfruttamento intensivo del territorio. Dall'analisi delle circa cento agro-città fondate in quel periodo si riscontra una forte analogia soprattutto nel principio insediativo, basato sul massimo sfruttamento del suolo con una maglia quadrata o rettangolare e con la presenza, quali elementi emergenti, di un palazzo baronale e di una unica piazza ricavata per sottrazione di uno o più isolati, e della chiesa parrocchiale. Le strade rettilinee si incrociano ad angolo retto secondo un modulo funzionale alla aggregazione multipla delle unità abitative. Queste definite dal muro di spina dell'isolato e da due muri trasversali ortogonali venivano a costituire, nella iterazione successiva, l'intero isolato.
Le più forti analogie di impianto con Niscemi si riscontrano nelle città di Altavilla Milicia (1621), Sant’Anna (1622). Ventimiglia (1625). Ribera (1625), Alia (1623), Campobello di Mazara (1623), Delia (1622), in quanto sono tutte formate da isolati rettangolari molto allungati con una tipologia edilizia piuttosto simile. Niscemi, sorta come un piccolo borgo rurale, comincia a svilupparsi dopo il 1650. Le case vengono edificate secondo un piano regolatore ben preciso rispettando gli allineamenti stradali, ma sorgono in tre nuclei distinti; un primo nucleo nel quartiere delle Sante Croci, un secondo nel quartiere delle Grazie ed un terzo lungo l'attuale via Scarfaiaccio. Nell'immagine suggestiva di Angelo Marsiano attorno alla nuova piazza sorgevano casupole e fabbricati più importanti, mentre qua e là vi era qualche gruppetto di tre o quattro case con ampi cortili ombreggiati da un grande fico o da viti; non mancavano diversi pagliai circondati da un recinto di pietre e ovunque vi erano cespugli e palme nane. Di fronte la chiesa Madre si allungava la via delle Sante Croci, larga polverosa in estate e piena di fango in inverno, scoscesa in pendio. In alto a destra aveva qualche casa e in fondo una cappelletta sulla quale si elevavano tre croci e un romitorio dove abitava un eremita che viveva di elemosine e teneva una lampada sempre accesa nella cappelletta”. (1)
Dalle notizie storiche fornite da uno studio attento (2) sui riveli possiamo ricostruire una crescita costante in termini di popolazione e di unità abitative. Nel 1693 Niscemi contava 1925 abitanti in 494 famiglie; nel 1748 vivevano 995 famiglie con 3928 componenti, mentre il catasto provvisorio del 1849 riporta un numero di abitanti di 7745 con 3028 famiglie.Nel censimento del 1871 si riscontra una popolazione di 10.750 abitanti.
Il terremoto che colpisce la Sicilia orientale nel 1693 arreca gravi danni alla città la quale viene in parte ricostruita secondo il precedente impianto con alcune modifiche, La chiesa Madre viene riedificata intorno al 1745 leggermente spostata a sinistra quasi in asse con via Regina Margherita, mentre poco dopo sorgono la chiesa dell'Addolorata (1750) e la chiesa della Madonna del Bosco (1760) nel luogo del piccolo Santuario. Altri quartieri sorgono verso la tine del settecento: S. Antonio, Purgatorio Banchitelli e S. Giuseppe, sicché la città va espandendosi, saturando le aree non edificate secondo la regola elementare della scacchiera e avviandosi a divenire un tessuto compatto.
Ma il vero sviluppo economico viene raggiunto nel secolo XIX, durante il quale una borghesia agiata e i pochi nobili locali cominciano ad edificare palazzi lungo gli assi principali della città ricevendo impulso dalla edificazione del sontuoso palazzo della duchessa Margherita Branciforte, eretto nel 1824, all'origine costituito da ben quaranta vani e che oggi, dopo suddivisioni rimaneggiamenti devastanti, versa in stato di abbandono.
Fra gli esempi di questa architettura civile vanno ricordati il Palazzo di città (1870). Palazzo Malerba (1835-1890) in parte oggi demolito, Palazzo Masaracchio (1840), Palazzo Lucio lacona Castronovo (1895). Tale attività connessa ad una chiara volontà di decoro urbano si protrae fino all'alba del XX secolo con l'ampliamento e sistemazione del belvedere(1889;1925), la costruzione del Palazzo della Cassa Agraria (1930) e di Palazzo Buscemi (1936) in stanco stile neoclassico"
Il terremoto che colpisce la Sicilia orientale nel 1693 arreca gravi danni alla città la quale viene in parte ricostruita secondo il precedente impianto con alcune modifiche, La chiesa Madre viene riedificata intorno al 1745 leggermente spostata a sinistra quasi in asse con via Regina Margherita, mentre poco dopo sorgono la chiesa dell'Addolorata (1750) e la chiesa della Madonna del Bosco (1760) nel luogo del piccolo Santuario. Altri quartieri sorgono verso la tine del settecento: S. Antonio, Purgatorio Banchitelli e S. Giuseppe, sicché la città va espandendosi, saturando le aree non edificate secondo la regola elementare della scacchiera e avviandosi a divenire un tessuto compatto.
Ma il vero sviluppo economico viene raggiunto nel secolo XIX, durante il quale una borghesia agiata e i pochi nobili locali cominciano ad edificare palazzi lungo gli assi principali della città ricevendo impulso dalla edificazione del sontuoso palazzo della duchessa Margherita Branciforte, eretto nel 1824, all'origine costituito da ben quaranta vani e che oggi, dopo suddivisioni rimaneggiamenti devastanti, versa in stato di abbandono.
Fra gli esempi di questa architettura civile vanno ricordati il Palazzo di città (1870). Palazzo Malerba (1835-1890) in parte oggi demolito, Palazzo Masaracchio (1840), Palazzo Lucio lacona Castronovo (1895). Tale attività connessa ad una chiara volontà di decoro urbano si protrae fino all'alba del XX secolo con l'ampliamento e sistemazione del belvedere(1889;1925), la costruzione del Palazzo della Cassa Agraria (1930) e di Palazzo Buscemi (1936) in stanco stile neoclassico"
Francesco Asta - "Niscemi una storia antica" - Niscemi il recupero della memoria pagg. 13,14,15.
Impaginazione e collegamenti a cura di Fernando Preti .spazioniscemi.